“Designing project teaching” refers to the attempt to equate architectural project teaching strategies with a project itself, which aims to construct a workshop “space” based on a series of assumptions and supporting an idea to be developed at different times and through specific tools. To explore these aspects in greater depth, reference is made below to the work carried out in two editions of the first-year Architectural and Urban Composition Laboratory, integrated with the Design Theory course, in the single-cycle Master’s Degree Course in Architecture at the Department of Architecture of the University of Naples “Federico II”. The space for exchange, the construction of ideas and composition exercises are the foundations of a reflection aimed at reasoning about the spaces, times and tools of teaching in the first-year Laboratory.
The space for exchange
“Schools came into existence when a man under a tree, unaware that he was a teacher, began to discuss his awareness with a few others who did not know they were students”. In this opening statement of a lecture, Louis Kahn emphasises how the educational process is all about the human and dialectical relationship that is generated between human beings who want to share their knowledge. At the same time, Kahn shows how it is the tree that creates the right context for this to happen, defining an opportunity, a space for exchange. Designing the workshop like a tree means trying to build the “space”, understood here in a metaphorical sense, for this “exchange”.
It is certainly essential that the spaces of the teaching laboratory are suitable for carrying out the various activities, but a much more complex issue, as Kahn teaches, is the construction of an “ideal” space within which to effectively implement a fruitful and meaningful exchange of knowledge, experiences and opinions.
In this sense, three assumptions are of great importance in defining this space of “exchange”: the project/reality relationship, the teacher/student relationship, and the thought/process relationship. The first concerns interaction with reality, as posited by Peter Eisenman, understood as rootedness in the territory, but also as a relationship to research issues, which implies a precise choice at the basis of the teaching project: teaching design starting from the necessary confrontation with problems identified in the reality of the city. The second refers to a relationship with the student based on rigorous and strict guidance, but never oppressive, where mutual listening can prevent the student’s subjective component from becoming a mere self-referential expression or, conversely, the student from being exclusively the executor of the teacher’s modus operandi. The third premise emphasises the issue of not seeing the design result as the ultimate goal of the teaching experience, but rather viewing the teaching experience itself as a process that can continue to evolve, recognising that architectural thinking is not an algebraic equation, but is based on a system of approximations that subjects us to incessant verification, testing and progression.
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Progettare la didattica del progetto
“Progettare la didattica del progetto” fa riferimento al tentativo di equiparare le strategie di insegnamento del progetto di architettura a un progetto stesso, che mira a costruire uno “spazio” del laboratorio, che si fonda su una serie di presupposti e che sostiene un’idea da sviluppare in diversi momenti e attraverso specifici strumenti. Per approfondire questi aspetti, si fa di seguito riferimento al lavoro svolto nell’ambito di due edizioni del Laboratorio di Composizione Architettonica e Urbana del primo anno, integrato al corso di Teoria della Progettazione, nel Corso di Laurea Magistrale in Architettura a ciclo unico del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Lo spazio dello scambio, la costruzione dell’idea e gli esercizi di composizione rappresentano i fondamenti di una riflessione volta a ragionare su spazi, tempi e strumenti della didattica del Laboratorio del primo anno.
Lo spazio dello scambio
«Le scuole iniziarono a esistere quando un uomo sotto un albero, ignaro di essere un insegnante, cominciò a discutere la sua presa di coscienza con pochi altri, che non sapevano di essere studenti». In questo incipit di una conferenza, Louis Kahn sottolinea come il processo educativo stia tutto nel rapporto umano e dialettico che si genera fra esseri umani che vogliono condividere le proprie conoscenze. Al contempo, Kahn mostra come sia l’albero a generare il contesto propizio affinché questo possa accadere, a definire un’occasione, uno spazio dello scambio. Progettare il laboratorio come un albero significa provare a costruire lo “spazio”, inteso qui in senso metaforico, di questo “scambio”.
Certamente è indispensabile che gli spazi della didattica laboratoriale siano idonei allo svolgimento delle diverse attività, ma questione ben più complessa, come insegna Kahn, è la costruzione di uno spazio “ideale” all’interno del quale riuscire ad attuare in maniera efficace uno scambio proficuo e significativo di conoscenze, di esperienze, di opinioni.
In tal senso, tre presupposti risultano di grande rilevanza nella definizione di questo spazio dello “scambio”: il rapporto progetto/realtà, il rapporto docente/studente, il rapporto pensiero/processo. Il primo riguarda l’interazione con la realtà, così come posta da Peter Eisenman, intesa come radicamento al territorio, ma anche come relazione a questioni di ricerca, che implica una precisa scelta alla base del progetto della didattica: insegnare a progettare a partire dal necessario confronto con problematiche individuate nella realtà della città. Il secondo vuole denotare un rapporto con lo studente fondato su una guida rigorosa e severa, ma mai oppressiva, dove il reciproco ascolto può evitare che la componente soggettiva dell’allievo diventi mera espressione autoreferenziale o, viceversa, che lo studente sia esclusivamente l’esecutore del modus operandi del docente. Il terzo presupposto sottolinea la questione di non vedere il risultato progettuale come fine ultimo dell’esperienza didattica, ma di guardare l’esperienza didattica stessa come un processo che può continuare a divenire, riconoscendo come il pensiero architettonico, non sia un’equazione algebrica, ma sia basato su un sistema di approssimazioni che ci sottopone a un lavoro incessante di verifica, di prove, di progressioni.
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Francesca Coppolino – Architect and PhD, Researcher in “Composizione Architettonica e Urbana”, Dipartimento di Architettura (DiARC), Università degli Studi di Napoli “Federico II”.